Pose, mode, slogan e pretesti della lotta armata, nelle parole dei protagonisti e di chi li studiava, li analizzava, li intervistava: perché, a decenni di distanza, ancora reggono, ancora si ripropongono? Per una propaganda revisionista che, dopo avere perso la guerra alla società e allo Stato, tenta di vincere almeno quella delle ragioni, della mitologia. Cercando di saldare i fraintendimenti di allora a quelli di oggi. Un altro saggio per non allinearsi alla vulgata che recita: non erano terroristi, erano rivoluzionari, uccidevano per amore, volevano cambiare le cose e liberare, a tutti i costi, gente che non glielo aveva mai chiesto. Un saggio polemico contro i fiancheggiatori di allora e di sempre, quelli che stavano alla finestra, quelli che – senza crederci, per puro calcolo - giuravano: sì, sparano, uccidono, ma sono i migliori, quelli che hanno capito, quelli col maggior senso morale.